La negoziazione assistita in materia di lavoro: un cambio di prospettiva?
Il d.lgs. n. 149/2022 ha introdotto l’art. 2-ter all’interno del d.l. n. 132/2014 estendendo la negoziazione assistita alle controversie di lavoro.
La convenzione di negoziazione assistita è, come disposto dall’art. 2, comma 1, d.l. n. 132/2014, “un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo”.
Nelle controversie di lavoro, la negoziazione assistita è facoltativa e non costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Ciascuna delle parti è assistita da almeno un/a avvocato/a e può essere anche assistita da un/a consulente del lavoro.
L’accordo raggiunto all’esito della procedura di negoziazione è inoppugnabile, secondo quanto previsto dall’articolo 2113, c. 4, cod. civ. e deve essere trasmesso a cura di una delle due parti, entro dieci giorni, ad una delle commissioni di certificazione di cui all’art. 76 del d.lgs. n. 276/2003.
La novità introdotta dalla riforma deve essere certamente valutata in modo positivo, poiché la negoziazione assistita è uno strumento perfettamente compatibile con le controversie di lavoro.
Come è noto, infatti, il diritto del lavoro è una materia ad alta transattività e da sempre le/gli avvocate/i che si occupano della materia cercano di concludere accordi prima di rivolgersi al Giudice.
L’evidente vantaggio della negoziazione assistita è che consente di formalizzare l’accordo raggiunto senza ricorrere alle cd. sedi protette, con evidente risparmio di tempi e costi per le parti.
Peraltro, nelle realtà aziendali nelle quali non vi è la presenza delle organizzazioni sindacali o la stessa è ridotta al minimo la negoziazione assistita rappresenta, senza dubbio, la soluzione ideale.
L’estensione della negoziazione assistita alla materia del diritto del lavoro ha, a parere di chi scrive, un ulteriore vantaggio: l’introduzione in ambito giuslavoristico del metodo di gestione del conflitto tipico delle cd. Alternative Dispute Resolution dove si abbandona la logica avversariale e, attraverso il confronto, si cercano soluzioni condivise che possano soddisfare gli interessi di tutte le parti.
Questo approccio implica un cambio di metodo e di prospettiva: occorre non focalizzarsi sulle posizioni contrapposte delle parti, ascoltare in modo attivo per comprendere il punto di vista dall’altro/a, coinvolgere le parti nella trattativa, individuarne i bisogni effettivi, collaborare con buona fede e lealtà per co-costruire un accordo che soddisfi tutti gli interessi in gioco.
L’applicazione di questo metodo richiede alle/gli avvocate/i, oltre alle consuete conoscenze giuridiche, anche l’acquisizione di competenze “trasversali” quali la conoscenza e la gestione delle dinamiche del conflitto, le tecniche di comunicazione e di ascolto efficaci.
Già da tempo la Corte di Cassazione, con specifico riferimento alla procedura della mediazione, ha evidenziato che: “La novella del 2013, che introduce la presenza necessaria dell’avvocato (in mediazione ndr), con l’affiancare all’avvocato esperto in tecniche processuali che “rappresenta” la parte nel processo, l’avvocato esperto in tecniche negoziali che “assiste” la parte nella procedura di mediazione, segna anche la progressiva emersione di una figura professionale nuova, con un ruolo in parte diverso e alla quale si richiede l’acquisizione di ulteriori competenze di tipo relazionale e umano, inclusa la capacità di comprendere gli interessi delle parti al di là delle pretese giuridiche avanzate” (Cass. 27-03-2019, n. 8473).
In quest’ottica, la negoziazione assistita offre alle/gli avvocate/i una nuova opportunità: abbandonare la logica del torto e della ragione e aprirsi al dialogo costruttivo per individuare i bisogni effettivi delle parti, anche al di là delle posizioni giuridiche dichiarate, e trovare un accordo condiviso.
Solo così si può trovare una soluzione “sostenibile”, in grado di funzionare nel lungo periodo.